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È vero che esiste la possibilità di contrarre un matrimonio solo religioso?
Sì. E’ il caso della coppia che contrae matrimonio in chiesa, ma dispensa il celebrante dall’obbligo di effettuare la trascrizione presso lo Stato Civile. Il matrimonio non avrà alcun effetto legale. Solitamente, questa decisione, che può sembrare strana, viene assunta dalla vedova che desidera contrarre un nuovo matrimonio ma non vuole perdere il diritto alla pensione di reversibilità del primo marito defunto.
In cosa consiste il matrimonio concordatario?
Il matrimonio concordatario è quello che viene celebrato in chiesa, con effetti anche civili, poichè il celebrante provvede alla successiva trascrizione presso lo Stato Civile. Il matrimonio concordatario, quindi, è l’unione del matrimonio religioso e del matrimonio civile.
Ho contratto matrimonio in regime di comunione dei beni; posso cambiare il detto regime?
Sì, in qualsiasi momento si può passare dal regime di comunione a quello di separazione dei beni e viceversa, tramite una dichiarazione da rendersi innanzi al Notaio.
Sono intestatario di diversi beni immobili e mi accingo a contrarre matrimonio; è opportuno che opti per il regime di separazione dei beni in modo che la mia futura moglie non divenga comproprietaria dei detti beni?
I beni acquisiti prima del matrimonio rimangono di proprietà esclusiva e non rientrano nella comunione dei beni; tuttavia, è bene ricordare che alla propria morte il patrimonio andrà attribuito, per una determinata quota, anche al coniuge che sia ancora in vita, e ciò a prescindere dal regime patrimoniale prescelto.
Qualche anno fa mi sono separato consensualmente, sottoscrivendo un accordo, regolarmente omologato dal Tribunale, con il quale mi sono obbligato a corrispondere un certo contributo al mantenimento dei miei figli; oggi mi rendo conto che, probabilmente, sono stato troppo “generoso” e, pertanto, vorrei richiedere la modifica di tale punto dell’accordo.
La modifica delle condizioni di separazione o di divorzio si può richiedere solamente se in un momento successivo è intervenuto un mutamento della situazione; in questo caso, trattandosi dell’aspetto economico, il ricorrente deve provare che è peggiorata la propria condizione economica ovvero che è migliorata la situazione finanziaria della controparte.
Devo donare una casa ed un terreno a mio figlio che è coniugato in regime di comunione dei beni; prima della stipula dell’atto di donazione, è bene che mio figlio passi al regime di separazione dei beni, affinchè la casa da me donata non venga attribuita in proprietà pure alla moglie?
Non occorre. Ed infatti, donazioni e successioni non rientrano nella comunione dei beni. Pertanto, qualsiasi bene venga trasferito in donazione o in eredità ad un soggetto coniugato in regime di comunione dei beni rimarrà, comunque, di proprietà esclusiva del soggetto che lo ha ricevuto. Ricadono nella comunione dei beni gli acquisti effettuati dai coniugi in virtù di atti di compravendita.
E’ deceduto mio marito, con il quale ero coniugata in regime di separazione dei beni; è vero che tutti i beni di mio marito andranno attribuiti in successione solo ai nostri figli?
Assolutamente no. A prescindere dal regime patrimoniale scelto, il coniuge del de cuius eredita, in assenza di testamento, la quota di 2/3 se non ci sono figli, la quota di 1/2 se concorre con un figlio, la quota di 1/3 se concorre con più figli.
E’ morto mio marito che, in assenza di figli, ha lasciato un testamento con cui ha designato unici eredi i suoi fratelli, estromettendomi dall’eredità. Posso impugnare il testamento?
Sì. Il coniuge ed i figli del de cuius sono eredi cosiddetti “legittimari”, i quali hanno diritto necessariamente ad una quota di eredità (cosiddetta “quota di riserva” o “quota di legittima”) prevista dalla legge. Il calcolo della quota di legittima viene fatto sull’intero asse ereditario, costituito dal valore dei beni donati nel corso della vita e dal valore dei beni lasciati in successione, da cui vanno sottratti i debiti. La quota di legittima spettante al coniuge è di 1/2 in assenza di figli, di 1/3 in presenza di un figlio (la cui quota di legittima sarà pure di 1/3), di 1/4 in presenza di più figli (la cui quota di legittima sarà di 1/2).
E’ morto un mio zio celibe; un suo amico ha chiesto la pubblicazione di un testamento contenente disposizioni in suo favore. Io ritengo che all’epoca della redazione del testamento mio zio non fosse nel pieno delle sue facoltà mentali a causa di alcune patologie che lo affliggevano; posso impugnare il testamento?
Teoricamente potrebbe impugnare il testamento, ma si tratterebbe di una iniziativa giudiziaria molto rischiosa; ed infatti, ritenuto che suo zio non è stato mai dichiarato incapace di intendere e di volere con un provvedimento giudiziario di interdizione o altro, la parte attrice ha l’onere di provare che il testatore, proprio nel preciso momento in cui ha redatto il testamento, non era capace di intendere e di volere. Comprenderà che tale prova è quasi impossibile.
E’ vero che il testamento olografo può essere redatto anche con mezzi meccanici (computer o macchina da scrivere), purchè sia sottoscritto dal testatore?
Assolutamente no. Il testamento olografo, a pena di nullità, deve essere redatto, datato e sottoscritto, di proprio pugno, dal testatore.
E’ morta una mia cugina nubile, senza figli, senza fratelli e senza genitori; i parenti più prossimi siamo quattro cugini, ancora in vita, e due cugini premorti; i figli dei cugini premorti sostengono di essere pure eredi, poichè subentrano nella posizione dei loro genitori premorti.
Non è così. La cosiddetta “rappresentazione” (il figlio che assume il ruolo di erede al posto del padre che è premorto) si applica solamente in due casi: quando l’erede è il fratello del de cuius, ma è premorto al fratello e quindi subentrano i suoi figli; quando l’erede è il figlio del de cuius, ma è premorto al padre e quindi subentrano i suoi figli. Nella vicenda illustrata nel quesito non scatta la “rappresentazione” in favore dei figli dell’erede premorto (cugino del de cuius) e quindi l’intera eredità andrà attribuita ai quattro cugini ancora in vita.
Ho intenzione di donare un mio appartamento ad uno dei miei tre figli, ma gli altri due figli mi dicono che non posso farlo, poichè necessita il loro consenso. E’ vero?
Non è vero. Ciascuno di noi, nel corso della propria vita, può disporre liberamente dei propri beni; tuttavia, è bene ricordare che dopo la morte del donante, i figli ed il coniuge possono agire con la cosiddetta “azione di riduzione” ed impugnare le donazioni e l’eventuale testamento nell’ipotesi che si sia verificata una lesione di legittima ai loro danni. Pertanto, è bene che determinate valutazioni vengano fatte tempestivamente per scongiurare contenziosi futuri da parte degli eredi.
Il Tribunale mi ha nominata amministratrice di sostegno di mia madre, affetta da diverse e gravi patologie. Un nostro conoscente ha manifestato l’interesse all’acquisto di un terreno intestato a mia madre in virtù di eredità, offrendo una cifra interessante. Posso procedere alla vendita?
L’amministratore di sostegno, di fronte ad una situazione del genere, deve richiedere al Tribunale l’autorizzazione alla vendita, dimostrando che tale atto viene stipulato nell’interesse della beneficiaria e che il prezzo offerto dal possibile acquirente è congruo (si può allegare una perizia giurata redatta da un tecnico che attesti la congruità del prezzo). In ogni caso, il Tribunale, qualora dovesse autorizzare la vendita, imporrà un vincolo sulla somma ricavata che dovrà essere depositata su un conto intestato alla beneficiaria.
E’ vero che l’amministratore di sostegno, ogni anno, deve rendere il conto al Giudice Tutelare del Tribunale che ha proceduto alla nomina?
Sì. Il rendiconto annuale deve essere depositato presso la cancelleria del Giudice Tutelare entro il 31 gennaio dell’anno successivo, allegando l’estratto annuale del conto corrente intestato al soggetto beneficiario. Nel rendiconto vanno indicati tutti gli importi riscossi (a titolo di pensione, canoni di locazione, indennità, etc…) e le somme spese (per vestiario, alimentazione, pulizia personale, utenze, cure, etc…).
Mio figlio minore ha subito un danno fisico a seguito di incidente stradale; la compagnia assicuratrice è pronta alla liquidazione del risarcimento, già concordato, ma chiede che i genitori si muniscano di autorizzazione da parte del Giudice Tutelare. E’ necessario?
Sì. Ritenuto il danneggiato è minore, occorre che il Giudice Tutelare valuti la congruità della proposta risarcitoria formulata dalla compagnia assicuratrice e, conseguentemente, se l’interesse del minore sia ben tutelato dai genitori. E’ bene che all’istanza venga allegata la documentazione medica ed una relazione medico-legale che confermi la correttezza della valutazione fatta dalla compagnia. Il Giudice obbligherà i genitori a depositare la somma in un conto o libretto intestato al minore, con vincolo pupillare. Fino al raggiungimento della maggiore età del figlio, i genitori, previa autorizzazione di volta in volta rilasciata dal Giudice Tutelare, potranno prelevare somme che si rendano assolutamente necessarie per soddisfare determinati bisogni del minore.
Io ed i miei fratelli abbiamo ereditato diversi beni immobili e somme di denaro a seguito della morte dei nostri genitori, ma siamo tuttora in comunione, poichè non abbiamo mai proceduto alla divisione del detto patrimonio. Cosa sarebbe opportuno fare?
In prima battuta, sarebbe opportuno, con l’ausilio di un tecnico, procedere alla stima dei beni ed alla redazione di un progetto di divisione che possa trovare il consenso di tutti, con conseguente stipula dell’atto di divisione da parte del Notaio. Fallito tale tentativo, si deve avviare il procedimento di conciliazione innanzi ad un Organismo di mediazione. Nell’ipotesi di esito negativo anche di quest’ultimo strumento stragiudiziale, si dovrà intraprendere un giudizio di divisione innanzi al Tribunale. Il Giudice nominerà un CTU che dovrà procedere alla stima dei beni ed alla redazione di un progetto di divisione; il giudizio si concluderà con una sentenza che disporrà la divisione con attribuzione dei beni alle diverse parti in causa.
Nel prospetto laterale della mia casetta di campagna, al confine con il terreno di proprietà aliena, esiste una finestra posta ad un’altezza di quasi tre metri dal pavimento che consente solamente l’ingresso di aria e luce, ma è priva di grata fissa e rete metallica. Il proprietario del terreno confinante mi ha intimato la chiusura della detta finestra. Cosa devo fare?
Innanzitutto, è bene precisare che il nostro codice civile parla di luci (se poste ad un’altezza di due metri dal pavimento, munite di grata fissa e rete metallica) e vedute (le normali finestre che consentono liberamente di guardare ed affacciarsi sul fondo del vicino). La realizzazione delle luci è consentita in ogni caso, anche perchè non si costituisce alcuna servitù; il proprietario del fondo confinante le potrà chiudere in qualsiasi momento, anche dopo tantissimi anni dalla loro realizzazione, ma solo se realizzerà una costruzione/sopraelevazione in aderenza rispetto alla parete ove è posta la luce. Le vedute, invece, possono essere realizzate solo se poste ad una certa distanza dal fondo confinante; tuttavia, trascorsi venti anni dalla loro realizzazione, si acquisisce la servitù di veduta sul fondo del vicino che non potrà più imporre la chiusura. Nel caso riportato nel superiore quesito, si tratta di una sorta di ibrido, poichè abbiamo una vera e propria luce che però non è regolare in quanto priva di qualche requisito (assenza della grata fissa e della rete metallica). Il proprietario del fondo confinante, pertanto, non può imporre la chiusura della luce (tranne che non costruisca in aderenza), ma solamente la sua regolarizzazione con l’apposizione della grata fissa e della rete metallica.
Ho costruito un fabbricato al confine con proprietà aliena; l’ultima elevazione è costituita da un terrazzo scoperto delimitato da un muretto dell’altezza di un metro lungo l’intero perimetro. Il proprietario del fondo confinante mi ha intimato di collocare pannelli sul muretto prospiciente, ad altezza di almeno due metri dal pavimento, così da non consentirmi di guardare ed affacciarmi sul detto fondo.
La richiesta formulata dal proprietario del fondo confinante è legittima, poichè non ci deve essere la possibilità di guardare ed affacciarsi sul detto fondo; trascorsi venti anni, si costituirebbe una servitù di veduta che non consentirebbe al vicino la futura costruzione di un fabbricato in aderenza o al di sotto di una certa distanza.
Alcuni anni fa ho acquistato la nuda proprietà di un appartamento, di cui è usufruttuaria un’anziana signora; è possibile che quest’ultima venda o doni l’usufrutto ad una persona più giovane, con la conseguenza che io rimanga intestatario della sola nuda proprietà anche dopo la morte dell’anziana signora?
Assolutamente no. Anche se la signora dovesse cedere ad altri il proprio usufrutto, tale diritto si estinguerà in ogni caso con la morte della stessa.
Qual è la differenza tra usufrutto e diritto di abitazione?
L’usufruttuario può godere personalmente dell’immobile, abitandolo, oppure può concederlo in locazione a terzi, percependone il canone di locazione, oppure concederlo in comodato gratuito. Il titolare del diritto di abitazione può abitare l’immobile personalmente, ma non può concederne il godimento a terzi (a titolo di locazione o di comodato gratuito).
Sono proprietario di un terreno agricolo su cui ricade una stradella carrabile in terra battuta, interamente di mia proprietà, che utilizzo per raggiungere la parte terminale del mio fondo; da un paio di anni, la detta stradella viene percorsa dal proprietario di un fondo ubicato nelle vicinanze. Purtroppo, i nostri rapporti si sono incrinati e, pertanto, ho deciso di collocare un cancello in ferro all’ingresso della detta stradella, così da non consentirne l’accesso ed il transito al mio vicino. Ritenuto che il mio fondo non è gravato da servitù di passaggio in favore del fondo confinante, stante che tale servitù non è prevista da alcuna scrittura ed è stata esercitata dal mio vicino solamente per due anni, chiedo se è legittima la mia iniziativa (collocazione del cancello).
Vero è che le servitù prediali si costituiscono in virtù di scrittura, di sentenza o di esercizio ultraventennale e che, pertanto, in questo caso il vicino non ha acquisito la detta servitù a beneficio del proprio fondo. Tuttavia, la collocazione del cancello costituirebbe uno spoglio ai danni del vicino che, entro un anno, potrebbe avviare un’azione possessoria, al fine di essere reintegrato nel possesso della servitù di passaggio. Il Giudice, pur rilevando che non sussiste alcuna servitù di passaggio, si vedrebbe “costretto” ad emettere un’ordinanza di reintegra nel possesso. In buona sostanza, non si può, in modo arbitrario e violento, spogliare un soggetto del possesso di una servitù che, per quanto non ancora acquisita, in ogni caso è stata esercitata per un certo periodo, seppure breve. La soluzione, pertanto, non è la collocazione del cancello, ma l’avvio di un’azione cosiddetta “petitoria” denominata “actio negatoria servitutis”, con la quale si chiede che il Giudice, con sentenza, dichiari che il fondo del vicino non gode di alcuna servitù di passaggio; solamente a seguito di una sentenza di accoglimento si potrà collocare legittimamente il cancello.
Il mio appartamento presenta danni da infiltrazioni d’acqua che scaturiscono da un guasto all’impianto idrico dell’immobile soprastante. Malgrado i tanti solleciti, il proprietario non intende attivarsi per riparare il guasto e, pertanto, le infiltrazioni persistono. Mi dovrei imbattere in un lungo giudizio civile?
In realtà, per queste situazioni, la nostra legislazione prevede la cosiddetta “azione di danno temuto”, un procedimento alquanto veloce (ovviamente, parliamo comunque di alcuni mesi!) che si conclude con un’ordinanza, con la quale il Giudice ordina alla controparte di eseguire tutti gli interventi necessari per eliminare la causa delle infiltrazioni; successivamente, si potrà avviare il giudizio ordinario per ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti. In questo giudizio “rapido”, introdotto con ricorso, il Giudice nomina un Consulente Tecnico d’Ufficio (cosiddetto CTU) che avrà il compito di accertare la causa delle infiltrazioni, il nesso di causalità tra il guasto ed i danni presenti nell’appartamento sottostante, nonchè gli interventi che il proprietario dovrà eseguire nel proprio appartamento soprastante per eliminare il guasto e quindi la causa delle infiltrazioni.
Sono stata ospite a casa di un’amica e, mentre percorrevo l’androne condominiale per andare via, sono caduta a causa di un’irregolarità del pavimento (mancava una piastrella). Posso richiedere il risarcimento dei danni al Condominio?
Questo è un tipico caso di “insidia o trabocchetto”, da cui può scaturire il diritto al risarcimento dei danni. Tuttavia, in un eventuale giudizio, qualora non si addivenisse ad un accordo bonario tra le parti, il soggetto danneggiato ha l’onere di provare che l’irregolarità non era agevolmente visibile (per esempio, l’androne non era ben illuminato, l’anomalia del pavimento non era di grandi dimensioni, etc…) e che quindi non ha determinato o concorso a determinare l’evento con la propria condotta distratta. Ovviamente, nell’ipotesi di copertura assicurativa, il Condominio può chiamare in garanzia la Compagnia.
Alcuni mesi fa, mentre ero alla guida della mia autovettura, ho provocato un incidente stradale e, pertanto, ho provveduto alla regolare denuncia dell’evento presso la mia compagnia assicuratrice, riconoscendo la mia responsabilità. Adesso mi è stato notificato un atto di citazione, con il quale il danneggiato chiede la mia condanna al risarcimento dei danni; ed allora, a cosa serve la polizza assicurativa)
In verità, la citazione viene notificata, obbligatoriamente, al proprietario del veicolo che ha provocato l’incidente, ma anche alla compagnia assicuratrice, poichè, nel caso di un giudizio per risarcimento dei danni scaturiti da sinistro stradale, sussiste il cosiddetto “litisconsorzio necessario”. Il Giudice, con sentenza, condannerà sia il proprietario del veicolo che la compagnia, in solido, al risarcimento dei danni; tuttavia, in virtù degli obblighi assunti con la polizza, sarà la sola compagnia a provvedere al risarcimento dei danni, sollevando il proprio assicurato da qualsiasi onere economico.
Tempo addietro sono stato convenuto in giudizio, ma il Giudice, con sentenza, ha rigettato le domande della controparte, condannandola a rifondermi le spese legali sostenute. Adesso mi perviene dall’Agenzia delle Entrate la richiesta di pagamento di una somma per la registrazione di quella sentenza. Devo pagare?
La parte soccombente, nell’ipotesi di condanna al pagamento delle spese processuali, deve provvedere pure alla registrazione della sentenza; tuttavia, a beneficio dello Stato, sussiste il cosiddetto “vincolo di solidarietà” tra tutte le parti del giudizio. Pertanto, al cospetto dello Stato, tutte le parti sono obbligate in solido al pagamento della somma richiesta, tanto che l’Agenzia delle Entrate notifica il medesimo avviso di liquidazione a tutte le parti in causa. A questo punto, se il pagamento verrà effettuato dalla parte soccombente non ci sarà alcun problema; invece, nell’ipotesi che il pagamento dovesse essere effettuato dalla parte vittoriosa (nel timore di subire un procedimento di esecuzione), la stessa dovrà agire in rivalsa nei confronti della parte soccombente che era stata condannata al pagamento delle spese processuali.
Le azioni di verifica e contestazione delle eventuali illegittimità di addebiti praticati dalle banche, possono farsi entro quale tempistica?
L’azione di verifica della legittimità degli addebiti praticati dalle banche può esercitarsi senza alcun limite temporale in corso di rapporto (si parla allora di “accertamento negativo del credito”) o entro dieci anni dalla chiusura del conto (si parlerà in questo caso di azione di “ripetizione indebito”).
Sino a quando posso contestare un contratto di mutuo, qualora vi siano irregolarità?
Anche in materia di verifica dei mutui o finanziamenti, il termine ultimo per contestarne la legittimità (per es. usura originaria) è dieci anni dalla chiusura del contratto, di regola coincidente con l’ultima rata pagata.
Costituisce reato la fissazione al suolo di una struttura mobile (casetta mobile, roulotte, camper) in assenza di titolo edilizio?
Sì, tale condotta, secondo costante giurisprudenza, costituisce reato di costruzione edilizia abusiva, poiché si tratta di destinazione duratura al soddisfacimento di esigenze abitative.
L’ordine di demolizione di opere abusive contenuto in una sentenza penale di condanna passata in giudicato può essere revocato?
Secondo costante giurisprudenza, tale revoca è possibile nell’ipotesi che successivamente alla sentenza di condanna siano intervenuti provvedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale che abbiano determinato la sanatoria dell’immobile o gli abbiano conferito una diversa destinazione.
È pendente innanzi al Tribunale il giudizio di separazione di coniugi promosso da mio marito nei miei confronti; quando si verificherà lo scioglimento della comunione patrimoniale, così da potere richiedere la divisione dei beni della comunione?
Ai sensi dell’art. 191 del codice civile, nel caso di separazione personale giudiziale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale, a seguito della comparizione personale dei coniugi, con propria ordinanza autorizza i coniugi a vivere separati; tale ordinanza, a cura della cancelleria, viene comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione.
Mio padre, a seguito della morte di mia madre, ha contratto un nuovo matrimonio con altra donna divorziata e madre di due figli. A chi verrà attribuita, per legge, l’eredità di mio padre nell’ipotesi di assenza di testamento?
La risposta a tale domanda è duplice. Ed infatti, nell’ipotesi di premorienza della seconda moglie, l’eredità di suo padre verrà devoluta solamente a voi figli; in caso contrario, l’eredità di suo padre verrà attribuita alla moglie, per la quota di 1/3, ed a voi figli del primo matrimonio (nonchè eventuali figli che dovessero nascere dal secondo matrimonio), per la restante quota di 2/3. Qualora lei sia figlia unica, la quota spettante a lei sarà pari alla metà, mentre la restante metà verrà attribuita alla moglie.
E’ morta mia zia materna, nubile e senza figli; purtroppo, dopo pochi mesi è deceduta pure mia madre; mi è stato detto che l’eredità di mia zia, limitatamente alla quota spettante a mia madre, verrà devoluta “per rappresentazione” solamente a noi figli e non a mio padre. E’ corretto?
Assolutamente, no. Ed infatti, l’istituto della “rappresentazione” (i figli che prendono il posto del genitore) si sarebbe applicato se sua madre fosse deceduta prima della sorella; in questo caso, la quota spettante a vostra madre sarebbe stata attribuita “per rappresentazione” a voi figli e non anche a vostro padre. Nel vostro caso, non si applica la cosiddetta “rappresentazione”, poichè vostra madre era ancora in vita al momento del decesso della sorella e, pertanto, è lei personalmente l’erede della sorella; successivamente, a seguito della morte di sua madre, l’eredità di quest’ultima si è devoluta a voi figli, per la quota di 2/3, ed a vostro padre, per la quota di 1/3.
Ho concesso in locazione un appartamento di mia proprietà con contratto della durata di 4 + 4 anni. Tra pochi giorni scadrà l’ottavo anno e, pertanto, vorrei intimare al conduttore la stipula di un nuovo contratto che preveda un canone più elevato. Posso farlo?
Purtroppo, no. Per raggiungere il suo obiettivo (imporre al conduttore l’aumento del canone e quindi la stipula di un nuovo contratto di locazione con un canone più elevato), lei avrebbe dovuto inviare al conduttore, tramite raccomandata r.r., almeno sei mesi prima della scadenza, la disdetta del contratto, così da non consentirne il rinnovo automatico per un ulteriore quadriennio. A quel punto, avrebbe potuto avviare una trattativa per la stipula del nuovo contratto e, nell’ipotesi di mancato accordo, intimare il rilascio dell’appartamento tramite sfratto per finita locazione. In questo caso, stante l’assenza della disdetta, il contratto si è rinnovato per altri quattro anni alle medesime condizioni e quindi con il medesimo canone.